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Il complesso della Madonna del Baraccano e il suo portico

Il Complesso della Madonna del Baraccano, sito in Via Santo Stefano a Bologna, ha avuto da sempre stretti legami con la famiglia Bentivoglio, che ha governato la città tra il 1401 al 1506. Il miracolo d’origine, legato ad un’icona della Vergine, ha coinvolto sia Bente sia Giovanni I Bentivoglio negli anni della loro ascesa al potere agli inizi del Quattrocento.[1] La fama di questa icona e del suo potere taumaturgico è cresciuta velocemente; per oltre un secolo il complesso si è sviluppato sotto la protezione e grazie al continuo interesse di questa famiglia. Una delle tracce visibili del loro coinvolgimento è la serie di stemmi Bentivoleschi sui capitelli del portico, costruito sotto il regno di Giovanni II durante gli ultimi decenni del loro governo cittadino. Nonostante la loro cacciata, avvenuta nel 1506, la vita del complesso non termina, anzi, la sua evoluzione architettonica è continuata fino ai giorni nostri con continue aggiunte, modifiche e restauri.

LA CHIESA

Le origini dell’intero Complesso partono da una immagine sacra dipinta all’inizio del XV secolo sulle mura accanto ad un baraccano: la torre che interrompeva la terza cerchia di mura difensive della città per rinforzarla. Ad essa furono attribuiti diversi miracoli a partire dal 1402 che portarono alla costruzione di un santuario più volte ampliato nel corso dei secoli. Fu Giovanni I Bentivoglio ad autorizzare la continuazione della devozione popolare e a diventarne sostenitore[2].

Nel 1472 fu chiesto a Francesco del Cossa di restaurare e abbellire l’immagine sacra in cui la Madonna con Bambino sono inseriti in una composizione architettonica rinascimentale. Un’iscrizione, non più leggibile, riporta il nome di Giovanni II Bentivoglio, ovvero il committente, quello del pittore e la data. Giovanni II volle legare la sua dinastia all’immagine sacra della Vergine del Baraccano e promosse la ricostruzione dal 1491 dell’ospedale omonimo e l’edificazione del Voltone (1497- 1500) monumentalizzando il passaggio da Via Santo Stefano. Fece anche costruire la prima parte del portico dato che i primi sette capitelli recano lo stemma di famiglia.

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Francesco del Cossa – Madonna del Baraccano – cm. 400 x 250, Chiesa di Santa Maria del Baraccano, Bologna – 1472

Il Santuario è l’elemento generatore dell’intero complesso edilizio che da piccola cappella è divenuta una chiesa vera e propria. Come successe per la maggior parte dei grandi complessi monumentali bolognesi, anche la storia edilizia del Baraccano è caratterizzata da continui rifacimenti, trasformazioni e aggiunte che dal nucleo originario quattrocentesco hanno portato alla configurazione attuale.

La chiesa ha pianta rettangolare e il modulo utilizzato misura 3,8 m per lato come l’ampiezza del baraccano, nome che deriva da “barbacane” il quale indicava il torrione, ancora oggi visibile perché i resti sono inglobati nella struttura. La cappella Maggiore rappresenta dunque il nucleo originario dell’edificio.

La regolarità del modulo la si ritrova anche nel portico a cinque campate sormontate da un timpano, realizzato nel restauro del 1914 atto a ripristinare l’antico aspetto della chiesa e per questo motivo venne eliminata parte del coronamento di epoca barocca. Esso è costituito da volte a vela con archi a tutto sesto retti da colonne in muratura con basi e capitelli in arenaria. Questi ultimi si avvicinano molto ai modelli usati per il portico del Conservatorio antistante. Infatti sono state trovate delle somiglianze nell’iconografia che approfondiremo più avanti avallando anche delle ipotesi sul significato[3].

La cupola, realizzata nel 1682 su progetto di Agostino Berelli, compensa lo sviluppo longitudinale della chiesa.

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Antico Baraccano sito sulle mura della città di Bologna, che ha dato origine all’attuale complesso

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Esterno della Chiesa di Santa Maria del Baraccano – Bologna

IL PORTICO ESTERNO (OGGI ANTISTANTE IL CONSERVATORIO) SU VIA SANTO STEFANO

Le prime sette arcate furono costruite sotto Giovanni II Bentivoglio dal 1491 al 1500[4] e quelle successive risalgono alla prima metà del Cinquecento[5]. Delle ultime sette/otto, invece, non si aveva una datazione precisa e congruente in tutti gli autori che nel tempo hanno parlato di questo portico: A. Nicoli parla di queste collovandole nella seconda metà del Seicento[6], mentre Guidicini le datava alla fine del Cinquecento, tra il 1550 e il 1583[7]. Grazie ad una planimetria, ritrovata nell’archivio di Stato di Bologna durante una ricerca in merito condotta da me e altre due mie colleghe (Gianna Palucci e Lucia Crowther), abbiamo potuto constatare che nel 1726, data riportata su di essa, il portico era completato con i suoi 28 archi. Quindi, stabilito il limite ante quem, abbiamo cercato di ricavarne uno post quem.

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Pianta del portico datata al 1726, completo

Sempre nello stesso fondo d’archivio, quello dei “Pii Istituti Educativi”, abbiamo poi trovato un disegno del portico risalente alla seconda metà del Seicento. Esso riporta il portico non completato, poiché alla fine compaiono due fabbricati aventi un proprio portico con architrave ligneo.

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Pianta del portico della seconda metà del Seicento, incompleto

Rileggendo le nostre fonti bibliografiche siamo inciampate in un saggio di P. Nannelli,  compreso nella raccolta curata da A. Masotti[8] , dove abbiamo rintracciato una data che ci poteva essere utile: 1682. Infatti Nannelli scriveva che in quell’anno, quando vennero iniziati i lavori per la cupola della Chiesa di S. Maria del Baraccano, mancavano le ultime sette arcate e al loro posto risultavano piccoli fabbricati con architrave ligneo, rientranti nella tipologia delle case artigiane del tempo. 

Dunque, Nannelli fa sì che possiamo avere anche una data post quem che altrimenti poteva e doveva in qualche modo rimanere vaga dando per buona la dicitura “seconda metà del Seicento”. Per cui, l’ultima parte del portico è databile tra il 1682 e il 1726.

ULTERIORI MODIFICHE SUCCESSIVE

Una sporgenza sul muro di circa un centimetro tra le decima e l’undicesima colonna, con al di sopra una finestra murata dimostra che, in precedenza, era presente in quel punto un vecchio accesso al complesso. Si tratta dello stradello interno (denominato “vicolo interno” nelle diverse planimetrie trovate in archivio).  Il vicolo, segno urbanistico di origine medievale, era importante perché consentiva il passaggio di mezzi destinati al trasporto di merci e derrate.

Casella di testo: Il tamponamento del collegamento dello stradello medievale con il portico di Via Santo Stefano.
Casella di testo: Pianta del 1865. Il vicolo medievale (in evidenza) risulta trasformato e chiuso definitivamente.
Voltone monumentale che collega il Portico su Via Santo Stefano e la Chiesa

Il tutto, compresa l’imponente facciata, è stato ridipinto secondo il tono della tinteggiatura originale di fondo recuperato attraverso restauri moderni, cioè un arancio caldo tipico di Bologna[9].

Per quanto riguarda la lunghissima facciata, alla data del 1726, si presentava decorata con una finta architettura che riquadrava le finestre con fastose incorniciature e timpani mistilinei; l’esecuzione è attribuita al pittore Mauro Tesi. Attualmente la facciata presenta delle zone in cui manca l’intonaco, probabilmente a causa di interventi recenti o a causa degli agenti atmosferici e inquinanti.

L’assetto definitivo dell’intero complesso è opera dell’architetto Angelo Venturoli, molto operoso a Bologna tra la fine del ‘700 e i primi decenni dell’800. Parecchi disegni dei suoi interventi presso il Baraccano si trovano tra i documenti dei “Pii Istituti Educativi”.

Nel 1969 l’immobile è passato in proprietà al Comune di Bologna; il progressivo degrado e l’inadeguatezza dell’impiantistica alle norme vigenti condussero l’amministrazione ad operare successivi restauri, fino a quelli più vicini ai giorni nostri. Anche l’imponente Voltone e la via del Baraccano sono stati sottoposti a lavori di ricondizionamento per il ripristino e la tutela del monumento.

CENNI ICONOGRAFICI

Uno degli aspetti più accattivanti del portico del Baraccano è la serie di capitelli e peducci corrispondenti. Anche se il portico è stato costruito in vari fasi, tra il 1491 e il 1726, ritroviamo in tutti i capitelli la stessa complessità di lavorazione. I capitelli sono corinzi, decorati con diversi animali, piante, oggetti e simboli, tra cui si trovano gli stemmi di diverse famiglie e soprattutto della famiglia Bentivoglio.

Sui primi sette capitelli è riportato più volte lo stemma della famiglia Bentivoglio. Infatti la presenza di questo stemma è un indizio utile per la datazione del portico, se consideriamo che la fonte principale per la datazione di questa prima sezione non è una fonte primaria Quattrocentesca, ma un documento Seicentesco di Girolamo Giovannantoni.[10]Il fatto che il loro stemma appaia sui primi sette capitelli vuol dire che l’ultima datazione possibile per queste prime sette arcate potrebbe essere il 1506, la data in cui Giovanni II abbandonò Bologna con tutta la sua famiglia.

La presenza di altri stemmi sul portico del Baraccano fa parte di una lunga tradizione: quella di mettere stemmi di famiglia sulla parte esterna di edifici privati per motivi di propaganda, come si vede in Palazzo Medici Riccardi a Firenze. Infatti, lo stemma Mediceo è stato messo nella posizione di massima visibilità: si trova sull’angolo del Palazzo tra Via Cavour e Via de’ Gori. Perciò per ognuno che arriva dalla direzione della Piazza centrale di Firenze – dove si trova il Duomo e il Battistero della città – lo stemma è la prima cosa che si vede del Palazzo. Allo stesso modo, a Bologna, gli stemmi sui capitelli del Baraccano, ai tempi della sua costruzione, erano visibili per chiunque entrasse nella città da Porta Santo Stefano. Infatti, durante il Quattro e Cinquecento la Madonna del Baraccano era un luogo di pellegrinaggio molto importante – evidenziato dagli ambiziosi progetti presentati nel corso del XVI secolo per ingrandire il santuario e l’ospedale e per allungare il portico – indi per cui è probabile che la quantità di traffico pedonale su questa strada fosse alta e che tante persone vedessero questi stemmi subito dopo la loro entrata in città.

Il simbolo della famiglia Bentivoglio sul portico del Baraccano è in realtà combinato con tanti altri simboli per cui i capitelli hanno la funzione di trasmettere un messaggio più complesso sulla famiglia, legandola a concetti come l’abbondanza, la pace e il potere.

Sul primo, il quarto e il settimo capitello gli stemmi sono sostenuti dai putti. Dato che l’ospedale del Baraccano aveva anche funzione di orfanotrofio, queste figure possono indicare proprio gli orfani innocenti del Conservatorio e quindi simboleggiare la bontà dei Bentivoglio nell’aiutare i più deboli.

Ci sono anche due stemmi vuoti in questa prima sezione del portico che potrebbero esserlo o perché danneggiati intenzionalmente dopo la caduta della famiglia Bentivoglio o semplicemente perché, essendo posti sulla parte esterna del portico, sono stati erosi dagli agenti atmosferici. Il contorno di uno di questi, quello sul sesto capitello, è esattamente uguale agli altri Bentivoleschi non deteriorati. Per tale motivo, il fatto che le cornucopie, simboli dell’abbondanza, sembrano uscire dallo stemma vuole simboleggiare che l’abbondanza della città viene direttamente dalla famiglia reggente. 

Oltre allo stemma della famiglia in questione ne appaiono anche altri.  Questi ultimi si affacciano sulla strada perciò visibili per chiunque viaggiasse a cavallo o in carrozza. Al contrario, i capitelli con lo stemma dei Bentivoglio lo esibiscono tutte le facce del capitello e non solo quella esterna. Sul secondo capitello si trova, per esempio, uno stemma che combina la sega dei Bentivoglio con tre coppe. Ci sono due famiglie storiche in Italia che avevano stemma con tre coppe: i Cirelli e i Nardone; non è ancora stato possibile stabilire però a quale delle due facesse riferimento quello citato.

 Sul terzo capitello, invece, si trova uno stemma con cinque stelle a sei punte. Anche le origini di questo stemma sono ancora oscure.

Se a Firenze le fabbriche di Michelozzo, come dice Malaguzzi Valeri furono d’ispirazione all’architetto del portico del Baraccano, per le arcate seguenti alle prime sette, il principio seguito fu quello di creare un continuum con le prime. A Bologna, città dei portici per eccellenza, si trova soltanto un altro portico dalle sembianze simili: esso è il portico dell’odierno Palazzo Bonasoni.

Tra i capitelli successivi, mi piace citarne alcuni: per esempio uno della parte del portico risalente al primo Cinquecento: con due serpi attorcigliate terminanti con teste di agnello e sovrastate da un’aquila (su due lati) e da un mascherone (su altri due lati). Le due serpi intrecciate richiamano a primo impatto il caduceo (simbolo della medicina).  In araldica, spesso, questo simbolo era assunto nel proprio stemma da chi aveva stipulato un trattato o una pace. In questo caso, il simbolo potrebbe per lo più richiamare alla medicina poiché posto nel portico davanti ad un ospedale dove venivano accolti pellegrini e poi orfani, dal Cinquecento, entrambi bisognosi di cure. Le due serpi al posto della coda terminano con due teste di agnello. Probabilmente in questo caso è l’interpretazione migliore in quanto si poteva pensare anche all’ariete o al montone, ma il significato araldico che più si confà a questo contesto è quello dell’agnello: simbolo della mansuetudine, dell’umiltà, dell’innocenza e della purezza, per questo emblema della cristianità, di Gesù Cristo, degli Apostoli e dei Martiri.  Ciò sempre perché il complesso del portico era un orfanotrofio. L’ aquila, la più nobile tra i volatili ed in generale tra gli animali, è simbolo della potenza, della vittoria e dell’impero. In questo caso potrebbe ancora essere un richiamo alla potenza della casata Bentivolesca, volendola ricordare non nel suo periodo di tirannia. Nel complesso, l’intera simbologia del capitello però, potrebbe richiamare la famiglia Visconti -Sforza di Milano che aveva collaborato con i Bentivoglio nel  1491 per avviare il portico. Possiamo asserire ciò perché nel 1447, quando il potere a Milano passò nelle mani degli Sforza, imparentati con i Visconti, essi fecero permanere nella creazione del loro stemma, il biscione, simbolo dei Visconti, inquartandolo con l’aquila, simbolo scelto dagli Sforza. Dunque le serpi e l’aquila potrebbero in questo capitello esserne un richiamo[12].

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Capitello con aquila e serpenti (primo Cinquecento)

L’aquila si ritrova anche su un altro capitello. Su di esso però, il rapace si alterna con un leone rampante. E’questo uno degli ultimi sette capitelli del portico, quelli che sappiamo essere stati completati tra il 1682 e il 1726. Essi furono costruiti dopo l’abbattimento dei due edifici che componevano fino ad allora l’ultima parte del portico. Quindi non è da escludere che alcuni capitelli potessero essere stati reimpiegati da quelli del portico che introduceva queste due probabili botteghe lì presenti. L’ aquila e il leone spesso in araldica si ibridano formando la mitologica figura del grifone. Qui invece sono rappresentati individualmente e in modo alternato sulle facce del capitello. L’aquila rimane simbolo di potere ed è il più elegante tra gli animali del cielo. Il leone invece è il più elegante tra gli animali della terra, simbolo diforza, comando e coraggio.

capitelo aquila e leone.jpg

Capitello con aquila e leone (1682-1726)

Un peduccio particolarmente intrigante è quello rappresentante un elmo e due scudi sovrapposti al di sotto, in quanto riprende, per la presenza dell’elmo uno dei capitelli del portico della chiesa di S. Maria del Baraccano. Gli scudi sembrano deposti poiché posizionati l’uno sull’altro. Quindi potremmo considerarli simbolo di armi dismesse e quindi di pace. Inoltre ricordiamo che la Madonna del Baraccano è anche ricordata come la Madonna della Pace. E’ tradizione infatti, a Bologna, ancora oggi e ci è dato pensare lo fosse già dal XV – XVI secolo, che gli sposi, nel giorno delle nozze si rechino in questa Chiesa per ottenere il dono della pace coniugale dalla Madonna[13].

Altro simbolo ripetuto più volte è una croce che nasce da tre monti. Questo simbolo si trova oltre che su uno dei capitelli finali del portico, anche sul fregio del pilastro terminante la struttura. Esso è il simbolodell’ordine benedettino. Sappiamo che dal 1317 nell’adiacente chiesa di San Giuliano vi si erano trasferiti i monaci Vallombrosiani, che sono un ramo della famiglia benedettina.[14] Dunque la decisione di chiudere il portico con un richiamo così netto fu forse anche un omaggio ai monaci della chiesa confinante oppure un loro volere, oppure un modo per introdurre a quest’altro edificio sacro chi percorreva il portico del Baraccano.

Croce benedettina su pilastro finale.jpg

Capitello con croce benedettina (1682-1726)

Per quanto riguarda il resto dei capitelli e dei peducci, tutti seguono uno stile corinzieggiante e molti riprendono coppe ricolme di frutta e verdura oppure cornucopie con abbondanti messi. Essi sono certamente sempre richiami al periodo Bentivolesco antecedente la tirannia, quindi un periodo ricco e rigoglioso. Inoltre, poiché questi capitelli sono dei due secoli successivi ai primi sette, sono sempre un modo per creare un continuum con i precedenti.  Infine, in base alle nostre ricerche d’archivio, sappiamo che i membri della confraternita del Baraccano erano chiamati a coltivare terre rigogliose e fertili. Di conseguenza questi potrebbero essere dei rimandi ai frutti e raccolti di queste proprietà.

BIBLIOGRAFIA

Testi  a stampa

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MALAGUZZI VALERI, F.,L’architettura a Bologna nel Rinascimento. Rocca di S. Casciano, Licinio Cappelli Editore, 1899

MASOTTI, C. (Ed.),Il complesso del Baraccano: Il restauro per il recupero a sede del Centro Civico e del futuro Museo. La storia da santuario dei Bentivoglio a “conservatorio femminile”. Bologna, GR, 1995

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Articoli e saggi

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[1] Per approfondimenti sul culto mariano e sui miracoli originari vedi GIOVANNANTONI, G.,Historia della miracolosa imagine di Maria Vergine detta del Baracano, e dell’origine, e gouerno dell’Opera Pia delle Zitelle, e de gli huomini della Compagnia sotto la protettione di essa beatissima Vergine. Bologna, per Giacomo Monti, 1674, pp. 18-34; cfr. MASOTTI, C. (Ed.),Il complesso del Baraccano: Il restauro per il recupero a sede del Centro Civico e del futuro Museo. La storia da santuario dei Bentivoglio a “conservatorio femminile”. Bologna, GR, 1995, pp. 35-70; cfr. FOSCHI, P. e GIORDANO, F. (Editori),Il conservatorio del Baraccano. La storia e i restauri. Bologna, Studio Costa, 2002, pp. 11-21;

[2] Idem, p.11

[3] Per approfondimenti FOSCHI, P. e GIORDANO, F. (Editori), cit.; cfr. Sabattini, A. 2017. Segretariato regionale per l’Emilia Romagna: Santuario di Santa Maria del Baraccano [online] <https://www.emiliaromagna.beniculturali.it/index.php?it/108/ricerca-itinerari/6/66>

[4] Cfr. MASOTTI, C. (Ed.),Il complesso del Baraccano: Il restauro per il recupero a sede del Centro Civico e del futuro Museo. La storia da santuario dei Bentivoglio a “conservatorio femminile”. Bologna, GR, 1995; Cfr. NICOLI, A., “Il Baraccano nelle “periferia murata” della città”. In: Clueb (Ed.), 1980.pp.528-30

[5] NICOLI, A., cit.

[6] Idem

[7] GUIDICINI, G.,Cose notabili della Città di Bologna, ossia Storia cronologica de’ suoi stabili sacri, pubblici e privati. Sala Bolognese, A. Forni, 1972

[8] MASOTTI, C. (Ed.), cit., pp. 5-34

[9] FOSCHI, P. e GIORDANO, F. (Editori), cit., pp. 40-45

[10] GIOVANNANTONI, cit.

[11] Cit. F. MALAGUZZI VALERI, L’architettura a Bologna nel Rinascimento, Rocca di S. Casciano, 1899

[12] Stemmario Italiano. 2017. Ricerca Araldica [online] <https://www.stemmario.it/stemmario.php?as=1>

[13]FOSCHI, P. e GIORDANO,F. (Editori), cit., pp. 26 -33

[14] Origini di Bologna. 2017. Chiesa abbaziale e parrocchiale di S. Giuliano[online]  <https://www.originebologna.com/home/strada-santo-stefano-1/n-134-121-123-chiesa-abbaziale-e-parrocchiale-di-s-giuliano>



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2 Comments

  1. Paola Silvia

    Ecco come rendere l’arte, quella vera, quella spiegata, accessibile a tutti. Una descrizione precisa,puntuale e dettagliata. Complimenti !!!

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  2. Raffaella Croce

    Articolo davvero interessante, cenni storici e descrizione, del Complesso, molto dettagliati.
    La descrizione dei capitelli e l’analisi di alcuni simboli sono davvero accattivanti…mi hanno davvero incuriosita.
    Un plauso meritatissimo all’autrice dell’articolo.

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