Apr
20th
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La prima superstrada

Il principe dai fiori di giglio osserva l’arrivo di una piccola carovana al palazzo reale di Cnosso, nell’isola di Creta. Siamo verso il 1500 a.C. e l’abbigliamento un po’ fiabesco, da mago enigmatico, del principe non ci deve meravigliare: si avvicina la grande festa del Rendimento di Grazie di mezza estate, e il nobile signore si sta vestendo da sacerdote per celebrare i riti. Ha in mano una spiga di grano e un sistro, uno strumento rituale agitando il quale saluterà ad uno ad uno i gruppetti di contadini che arrivano al palazzo per partecipare alla festa agreste. Sappiamo ben poco della civiltà minoica che fiorì su quest’isola negli anni che precedettero la grossa catastrofe. Gli abitanti erano in gran parte agricoltori e pastori che conducevano una vita serena e non di rado venivano ammessi nei recinti del palazzo per partecipare a grandi “kermesse” che ringranavano gli dèi per il buon raccolto o la buona vendemmia. Erano anche eccellenti navigatori e astuti mercanti. Se le cose non fossero andate in un certo modo, oggi probabilmente a scuola ci occuperemmo assai più di Creta che di Atene e Sparta.
Pochi anni dopo il 1500 a.C. l’isola egea di Santorino (120 chilometri a nord di Creta) esplose spaccandosi in tre pezzi per l‘improvvisa eruzione di un vulcano sottomarino. Si pensa che l’esplosione sia stata tremila volte più forte di quella che squassò il Vesuvio, seppellendo Ercolano e Pompei. Fu udita dalla Siberia al Congo. ll maremoto investì con minor potenza le coste greche, protette da centinaia di isole a nord di Santorino, ma arrivò direttamente sull’isola di Creta, sbriciolando ogni cosa. Quella che era stata la prima civiltà europea non si risollevò mai più e lasciò il posto agli stati greci del continente. Eppure a Creta erano nate, o stavano sorgendo, opere grandiose. La superstrada che qui vediamo arrivare alle porte del palazzo avrebbe senz’altro meritato di figurare fra le sette meraviglie del mondo. Collegava i porti della costa meridionale dell’isola aperti ai commerci con l’Africa alla capitale, il cui porto sull’Egeo prosperava trafficando in cereali e in altre merci con la penisola ellenica. La piccola carovana, che vediamo nell’illustrazione, trasporta infatti probabilmente essenze aromatiche, metalli preziosi e altre frivolezze: il tutto imballato rozzamente per non dare nell’occhio a eventuali Iadruncoli lungo la zona montuosa che la strada attraversa. Queste merci erano state sbarcate a sud da una nave alla quale i venti efesii (provenienti dal nord) avevano impedito di doppiare la punta orientale dell’isola e di approdare al porto di Cnosso. La ciclopica strada, a due corsie con pista pedonale al centro, era stata costruita infatti come traghetto “terrestre”: sia per sopperire alle limitate nozioni di quei tempi sulla navigazione a vela, sia per evitare brutti incontri lungo il basso Egeo, dove la pirateria era l’occupazione preferita degli antenati degli eroi omerici. Qui, proprio sotto il palazzo dove la strada finisce, c’è l’alto viadotto a nove arcate sul torrente Vlychia: è in blocchi di pietra perfettamente squadrati e provengono dalle lontane cave sui monti. Dovranno passare quasi duemila anni prima che i Romani si mettano a costruire qualcosa di simile.

 

 



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